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A Letizia Catarini piace |
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Federica Manzon, Alma Con una scrittura complessa e non lineare, la Manzon crea un'atmosfera che sa di incompiuto, perchè tutto è sfumato, mai detto o conosciuto fino in fondo, ma spesso immaginato, vissuto con riserva ed emozioni sfuggenti, con confini labili come le vite e le città di confine determinano, in particolare Trieste, crocevia e coacervo di popoli, di storie, di tradizioni, costumi, religioni, mare e spazio sconfinato, asperità montuose e ammiccanti al 'di là'. Due giovani vite, Alma e Vili, che si incrociano loro malgrado, rappresentanti di due mondi diversi che si attraggono, si amano, si rispettano, ma non riescono a comunicare e a conoscersi fino in fondo. Un padre sfuggente, scrive i discorsi di Tito, ma non si sa fino in fondo di cosa viva e come viva. In continuo movimento tra la città e la Jugoslavia, è emblema della mescolanza di culture, da quella zingara, a quella dell'impero, a quella comunista. La figlia Alma, protagonista e voce narrante, non deve vivere condizionata dal passato, non deve conoscere, non deve avere legami con la famiglia, ma si deve librare leggera nella vita e proiettata al futuro che lei vorrà. Sarà semplice per Alma allontanarsi, sia dal padre affascinante, ma sfuggente, che da una madre poco vicina, in perenne attesa del ritorno del marito e dedita prevalentemente al suo lavoro con i matti nel momento della rivoluzione basagliana. Solo i nonni materni, rappresentanti di una borghesia colta austroungarica, sono nei momenti di crisi un punto di riferimento. Solo a cinquant'anni, forse riuscirà a ricostruire, in parte la storia personale e quella con la S maiuscola che ha attraversato: il rapporto di fratellanza, amore, gelosia con Vili, il ragazzo di Belgrado che il padre ha salvato facendolo vivere in famiglia, la guerra dei Balcani, la vita dell'Est e quella della sua città in contrapposizione alla leggerezza di quella della capitale. Questa sarà l'eredità di suo padre.
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| Ultimo aggiornamento Giovedì 02 Gennaio 2025 01:06 |





